Dromos Festival 2016 - Il segno di Eva


 

Il Segno di Eva

«Il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela:
quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza».
(Oriana Fallaci)

Dromos diventa maggiorenne nel segno di Eva, e lo diventa facendo proprio un aforisma di Oriana Fallaci, un'altra donna controversa e divisiva quanto la Prima donna e le cui opinioni, spesso inaccettabili, trovano nell'esaltazione di quella «splendida virtù chiamata disubbidienza» una sintesi perfetta di irresistibile fascino e di grande attualità. Una virtù tutta femminile che guiderà le scelte artistiche della diciottesima edizione del Festival. Un festival di donne e non solo, inseguendo quel segno che, in una cultura millenaria declinata al maschile, è stato determinante a partire dal gesto dirompente dell’Eva biblica, un segno, spesso sottotraccia, teso alla ricerca affannosa di un’indipendenza inconcepibile senza la trasgressione a una coercizione o a una legge imposta, un “segno disubbidiente” in funzione della condizione specifica dell’essere umano: la libertà.

Ovviamente un festival musicale e, più in generale, artistico, non ha la pretesa né tantomeno la presunzione, di offrire un’analisi puntuale sul contributo che la donna ha dato nella formazione delle culture, del suo apporto alla dimensione sociale, politica, artistica nel senso più ampio del termine, e non vuole nemmeno, pur evocando la figura di Eva, addentrarsi nel ginepraio della vexata questio sul ruolo subalterno cucitole addosso in diversi ambiti religiosi, in particolar modo in quello giudaico-cristiano, nel quale la donna, trasformata in “tentatrice”, ha dovuto sobbarcarsi anche i pesanti fardelli della colpa e dell’inganno.

Il Festival si occuperà, piuttosto, del ben più stimolante contributo che l’universo femminile ha dato – e oggi più che mai continua a dare – al mondo dell’arte e della creatività più in generale, soprattutto a quello musicale e, com’è tradizione del festival, agli ambiti delle arti visive, della letteratura e dell’impegno sociale. Un festival contrappuntato da quel “segno disubbidiente” che anche nell’arte ha saputo imporsi e distinguersi nonostante un generale ostracismo che nei secoli, e talvolta ancor oggi, hanno subito le donne/artiste, oggettivamente meno presenti sul mercato, nei musei, nelle collezioni, nelle biennali d’arte e nei festival musicali, caratterizzati da una dominante maschile che controlla e ha sempre controllato, a dispetto della qualità e a discapito di un’alterità evidente, il “sistema dell’arte”.

Nel segno di Eva, il Festival si caratterizzerà, anche per la sua diciottesima edizione, per le qualificate presenze internazionali, nazionali e regionali, in una pluralità di generi musicali e artistici calibrati al fine di ottenere un’efficace sintesi tra dimensione globale e locale. Con una più marcata ma non esclusiva presenza femminile, Dromos proporrà quella “specificità” di segno per una lettura trasversale delle istanze culturali, sociali, politiche ed economiche della realtà contemporanea. Ancora una volta, dunque, sarà un evento territoriale senza confini geografici e senza steccati tra generi e generazioni. A far da sfondo, ma sarebbe più corretto dire, a interagire in un ruolo di comprimari, i più suggestivi spazi urbani o naturali di numerosi comuni dell’Oristanese, per un “festival dei territori” ma aperto al mondo e che, al di là della sua impronta internazionale, è sempre riuscito a mantenere un forte legame con le città, i paesi e le rispettive comunità.

Per tali ragioni il festival ha fatto suo il concetto di meticciato, nella consapevolezza che non esiste un’origine delle culture, una purezza iniziale che continua indistinta fino ai giorni nostri e ci distingue dagli altri, perché a cultura è, sempre – anche e forse di più nella sua declinazione al femminile – frutto di continue contaminazioni che avvengono nel processo storico.

Nel festeggiare il suo diciottesimo compleanno il Festival Dromos continuerà a rappresentare la nostra terra come isola meticcia e, nel segno di Eva, ci ricorderà che «ogni uomo, per sopravvivere a se stesso, deve prima attraversare il mistero di una donna» (Donato Di Poce).


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